Jim! Guarda: le bandiere tricolori sono ferme sui davanzali. Non c’è vento a muoverle. Sembrano sapere quanto sarebbe inopportuno sventolare. Il cielo è nuvoloso ma una calma piatta invade anche il clima: niente sole, niente pioggia, niente vento, niente lampi o tuoni. Tutto tace. La strada è deserta, il locale sotto casa ha la saracinesca abbassata ormai da un mese. Un tempo lì si mangiava, si beveva, si ascoltava musica, ogni giorno, ogni sera, ogni notte. Ci sono state volte in cui ho provato fastidio per quella folla rumorosa, magari qualche notte prima di un lavoro impegnativo o di un esame universitario. Adesso darei tutto per sentire quel rumore. Ogni tanto l’immobilità e il silenzio sono squarciati da un passante strambo nella sua mascherina e guanti. Spesso passa sbilenca e invisibile la sirena di una ambulanza. Eppure anche gli altri mali continuano ad esserci ma sembriamo dimenticare. Dimentichiamo facilmente, purtroppo e per fortuna. Scenari distopici (ho sempre amato le storie distopiche ma inizio a odiare il termine così inflazionato adesso) portano macchine della polizia passare con il megafono: “Restate a casa”. L’effetto della voce camuffata dallo strumento ha il suo essere sinistro anche nell’arrotino, eppure ora non ha più il calore di una tradizione. Fa paura, fa pensare che quella porta di casa non si può aprire, anche se era già chiusa ma in quel momento sei in trappola per Legge. E per il bene comune. Certo. #andràtuttobene, non lo dimentico, chi se lo dimentica? Però adesso voglio parlare della voce del megafono che torna nella bocca e nella gola del poliziotto, che nella mia testa diventa il suo stomaco e la sua paura, forse pensa: “è davvero mia questa voce?”. E le campane? Le campane della Chiesa suonano a tutte le ore, o forse inizio ad avere pensieri fallaci. Non mi ero mai accorta prima di tutto questo dindondare, così lo avverto come conforto e come presagio triste, in un continuo contrasto che Orwell definirebbe “bipensiero”. Ho molti amici di carta, in questo periodo “1984” e il suo Grande Fratello hanno trovato terreno fertile nella mia fantasia. Solo in alto le cose sembrano procedere come sempre, uccelli in volo e cinguettii mai sentiti: non c’erano o non ascoltavo? Ci sono i colpi di tosse improvvisi di chi è in casa, feriscono e spaventano perché voce sibillina di quello che si teme, però poi è quasi sempre un pezzo di pane andato di traverso che produce una risata liberatoria, “oggi no, oggi non è il nostro giorno”. Ci sono le musiche dei jingle in tv che raccomandano come comportarsi: non uscire, lavare bene le mani, mantenere le distanze. Ci sono i pensieri di quello che non si sta facendo e di quello che si farà, forse, quando e come? Ci sono le mancanze di chi non c’è e di chi non è abbastanza e quindi non ci sarà più. C’è la voglia di stringere chi c’è con forza anche adesso che tutto è sospeso. Siamo tutti bambini al primo giorno d’asilo ma chi ci aspetta fuori dall’aula?